America Latina (marzo 2004)
Radio Flash 2004 / Cartoline dall’Altra America / Perù 2004:
cartolina da Lima (n. 1, marzo 2004)

Il rapido declino di Alejandro Toledo

Lima. Lo scorso giovedì 4 marzo, Carlos Ferrero, nuovo capo del Consiglio dei ministri, ha presentato al Congresso la rinnovata squadra ministeriale e le linee programmatiche del suo governo. Il passaggio politico avviene in un momento particolarmente delicato per il presidente Alejandro Toledo, incapace di fermare l’ondata di scandali che, con cadenza ormai quotidiana, investono lui, la sua famiglia, il suo partito (Perú Posible).  

Non solo soltanto le ricorrenti inchieste a dire che il presidente ha perso credibilità e soprattutto la stima dei peruviani, che appena nel 2001 lo votarono in massa e con entusiasmo, nonostante le sue origini indie facessero storcere il naso alla parte più razzista della società. Per capire che aria tira attorno a lui, è sufficiente interpellare un qualsiasi taxista (categoría per l’80 per cento abusiva) o il cambiavalute dell’angolo, che lo incolpano di ogni problema, forse dimenticando che era così anche ai tempi di Fujimori o di Alan Garcia.
Certamente, a Toledo mancano carisma e autocontrollo (giornali e televisioni ci sguazzano nei suoi eccessi personali: per lui si parla di droga, alcool, compagnie femminili particolari e quant’altro) e pare sempre in balia delle situazioni, promettendo cose che poi non riesce a compiere.
L’economia peruviana presenta buoni indici a livello macroeconomico, ma la maggior parte della gente sopravvive con il lavoro informale e non riceve dallo stato alcun tipo di servizio pubblico, se non quello dell’istruzione, che tuttavia presenta livelli qualitativi bassissimi, tanto da costringere chi può a ricorrere alle scuole private. Drammatica è poi la situazione per chi ha la sventura di ammalarsi. Anche negli ospedali pubblici, se non si ha una copertura assicurativa, viene richiesto il pagamento delle prestazioni sanitarie (visite, esami, ricoveri) e delle medicine.
Insomma, la politica economica e sociale attuata da Toledo è perfettamente in linea  con i dettami neoliberisti, incontrando infatti il plauso dei grandi investitori (che hanno tratto vantaggio dalle privatizzazioni), del Fondo monetario e della Banca mondiale.

A livello internazionale, il Perú ha rapporti piuttosto freddi con i paesi vicini: con il Cile (per annose rivalità), con la Bolivia (per la questione dello sbocco al mare), con gli altri - Brasile ed Argentina in testa - per l’eccessiva sudditanza agli Stati Uniti. Accusa, questa, non priva di fondamento. Toledo non perde occasione per dichiararsi orgogliosamente amico degli Usa (dove, tra l’altro, lui ha studiato e lavorato). Come non bastasse questa dichiarazione di fedeltà assoluta, si è scoperto che il suo ministro dell’economia, Pedro Pablo Kuczynski, possiede il passaporto statunitense (fatto che, come normale, ha generato nuove polemiche).
Gli avversari guardano con fredda determinazione al declino, apparentemente inarrestabile, del presidente. Certamente, l’astuto Alan Garcia, leader dello storico partito dell’Apra ed ex presidente (dal 1985 al 1989) plurinquisito (a quei tempi fu in amicizia anche con Bettino Craxi e assieme fecero una cosa di cui pero’ vi parlero’ prossimamente), attende con pazienza il suo turno.
Le elezioni del 2006 sono ancora lontane, ma tutto può accadere. Anche che dal Giappone rientri Alberto Fujimori, già dittatore ed oggi reclamato (inutilmente) dalla giustizia peruviana. Le inchieste gli attribuiscono un confortante (per lui) zoccolo duro di sostenitori. Per fortuna, sulla scena politica peruviana agisce anche Valentin Paniagua, stimatissimo presidente durante il governo di transizione (dopo la caduta di Alberto Fujimori, alla fine del 2000) e da tempo al primo posto nei frequenti sondaggi .

L’unico che perde terreno, con noiosa regolarità, è proprio il presidente in carica. Un dubbio rimane tuttavia irrisolto: Alejandro Toledo detto el Cholo, primo presidente indio democraticamente eletto della storia peruviana, si trova contro tutto il Perú che conta e i media del paese (giornali e televisioni) esclusivamente a causa delle sue criticabili modalità di governo o sono anche le sue origine indie a fomentare l’attuale declino?
(da Lima per Radio Flash Paolo Moiola)


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