America Latina (luglio 2003)
«NOI, MINISTRI DI HUGO CHÁVEZ»

A Caracas abbiamo incontrato due ministri del governo: Ana Elisa Osorio, responsabile dell’ambiente, e Jorge Giordani, ministro della pianificazione. Abbiamo parlato dei problemi dei loro dicasteri. Ma anche di quanto sia difficile essere ministri in un paese scosso da divisioni e lotte intestine.

1 / ANA ELISA OSORIO, MINISTRA DELL’AMBIENTE PETROLIO...
MA ANCHE FORESTE E BIODIVERSITÀ

Il petrolio ha portato nelle mani di pochi un’immensa ricchezza, lasciando a tutti gli altri soltanto enormi problemi ambientali. Oggi il Venezuela vuole salvaguardare le proprie ricchezze naturali (e con esse anche i popoli indigeni). Così, anche nella sua Costituzione si è stabilito che...

Caracas. Ana Elisa Osorio Granado, ministro dell’ambiente e delle risorse naturali, ha i capelli corti e biondi. Laureata in medicina, due figli, è nata a Caracas, ma ha vissuto molti anni nel sud del Venezuela. «Mi sento più guyanese che caraqueña» dice di sé. Ci accoglie nel suo spazioso ufficio ministeriale, indossando un vestito scargiante quanto il suo sorriso.

LE CINQUE DONNE DEL GOVERNO CHÁVEZ
La dottoressa Osorio fa parte del governo dal febbraio 1999, due giorni dopo che Hugo Chávez divenne presidente. Il primo incarico fu come vice-ministro della salute per un anno e mezzo. «Adesso - racconta - sono due anni e mezzo che sono ministra dell’ambiente». Già, «ministra». «È una svolta importante per il Venezuela - spiega -, perché vi è una parificazione dei generi. La stessa Costituzione prevede per ogni termine sia la dicitura maschile che quella femminile: venezuelano/venezuelana, cittadino/ cittadina, magistrato/magistrata, funzionario/funzionaria e così via. All’inizio non è stato facile, ma abbiamo insistito e adesso non si sbagliano: dicono il ministro e la ministra. Insomma, hanno imparato ad usare la doppia terminologia». Ma non è soltanto una questione lessicale. Nel governo venezuelano ci sono 16 dicasteri e ben 5 di essi sono guidati da donne: ambiente e risorse naturali, salute, scienza e tecnologia, lavoro, comunicazione e informazione. Un bel primato per un paese che si dice essere maschilista... «Detto questo - precisa però la ministra -, non nego che il machismo ancora esista in questo paese».

IL GENOMA NELLA COSTITUZIONE
In Venezuela esiste il ministero dell’ambiente più antico dell’America Latina. Tuttavia, è con la nuova Costituzione del 1999 che si fa un grosso salto in avanti. «Innanzitutto - ci spiega la dottoressa Osorio - per la prima volta nella sua storia il Venezuela ha una Costituzione con un capitolo dedicato all’ambiente. I temi dell’equilibrio ecologico e dei beni ambientali sono già nel preambolo della carta costituzionale. Oltre a ciò, le tematiche ambientali sono affrontate in modo trasversale in tutta la Costituzione. Si parla di acqua come bene pubblico, di educazione ecologica, di valutazione dell’impatto ambientale, ma anche di genoma degli esseri viventi...». In Venezuela la natura è una grande risorsa: le spiagge dei Caraibi, le isole (sono 72), grandi fiumi come l’Orinoco (il terzo dell’America Latina), laghi, cascate, pianure, montagne e foreste tropicali. Insomma, il paese possiede un potenziale turistico di prim’ordine. «L’abbiamo sfruttato poco. D’altra parte, stiamo prendendo coscienza che non si deve puntare ad un turismo di massa spesso distruttore, ma ad uno più compatibile con l’ambiente. Così, oltre al turismo a 5 stelle dell’Isla Margarita, possiamo avere il turismo controllato delle isole Los Roques, che sono in un parco nazionale. Lì pratichiamo l’ecoturismo, cercando lo sviluppo locale, ma in un modo compatibile con la natura».

IL PETROLIO: RICCHEZZA O PROBLEMA?
«È vero - spiega la ministra - che l’industria petrolifera è inquinante. Ma da noi lo è stata soprattutto all’inizio dello sfruttamento dei giacimenti, mentre adesso la situazione è sotto controllo. In ogni caso questo ha significato che il paese ha accumulato una serie di passivi ambientali, i più eclatanti dei quali riguardano il lago di Maracaibo». Ad esempio, il suo fondo è coperto di tubature. «Si parla - precisa - di 14 mila chilometri di tubature delle quali non sappiamo quante siano attive e quante inattive. Ci sono ovviamente continue filtrazioni ed è una situazione che dura da 50 anni».
Altri problemi di perdite nell’ambiente ci sono stati durante lo sciopero- sabotaggio del settore petrolifero. «Durante lo sciopero - racconta - ci sono stati anche danneggiamenti volontari agli impianti e alle strutture. E poi l’irresponsabile abbandono delle raffinerie da parte dei dirigenti, senza prendere in considerazione i protocolli di chiusura».

IN DIFESA DELL’ACQUA
Secondo la ministra, uno dei problemi ambientali più seri riguarda l’acqua, sia quella potabile che quella di scarico. «Oggi - dice - abbiamo una buona copertura di acqua potabile nelle città, attorno al 90%, mentre è più bassa nell’ambito rurale». «Quanto alle acque di scarico, fino al 1999 solo il 10% erano trattate prima di essere riversate nel mare, o in laghi e fiumi. Una percentuale molto bassa, tale da compromettere le future fonti di approvvigionamento. Adesso stiamo trattando il 15% delle acque di scarico, ma stiamo facendo opere che ci porteranno a trattare il 30% delle acque entro il 2007. Avremo così triplicato quello che la quarta repubblica ha fatto in 40 anni». Il Venezuela ha molte risorse idriche, soprattutto nelle regioni centrali e al Sud, ma presenta problemi di approvvigionamento nelle zone costiere e nella capitale. «A Caracas - spiega - dobbiamo far venire l’acqua da luoghi che distano 130 chilometri. Oltre a ciò, si deve superare un dislivello importante per raggiungere i 1.000 metri d’altezza della capitale». Un altro problema di Caracas sono i rifiuti, che si accumulano soprattutto attorno ai barrios più poveri. «Per la prima volta - dice - abbiamo fatto un piano nazionale per la gestione dei rifiuti solidi e adesso stiamo facendo piani regionali in accordo con i municipi, perché questi abbiano gli strumenti per operare nelle condizioni adeguate». «A breve e medio termine abbiamo sviluppato un progetto con il ministero della salute e quello dell’educazione, per avviare un’educazione al riciclaggio che purtroppo da noi non esiste. Vogliamo iniziare dai bambini, affinché apprendano quella cultura del riciclaggio senza la quale qualsiasi campagna è destinata al fallimento».

DALL’AMAZZONIA AL DELTA DELL’ORINOCO
Chiediamo se in Venezuela esista un problema agricolo legato all’impoverimento o alla perdita della terra produttiva.
«Fortunatamente non abbiamo ancora un problema di desertificazione, ma la minaccia esiste. Per questo, assieme al ministero dell’agricoltura e della terra, cerchiamo di diffondere una coscienza nell’uso dei concimi chimici. Vogliamo sviluppare un’agricoltura più sostenibile, rompendo con i paradigmi degli agronomi, o almeno di una parte di essi. Adesso infatti stiamo cambiando alcuni tecnici del ministero perché, in conseguenza del lavoro fatto in passato, ora ci sono fiumi contaminati con pesticidi e problemi di malattie croniche correlate all’inquinamento». In Venezuela ci sono ancora molte foreste, soprattutto al Sud, nella zona amazzonica. Dove purtroppo si presenta la questione della deforestazione, che la ministra non nega: «Il problema esiste ed è dovuto a quelle stesse attività illegali che causano la deforestazione nella regione amazzonica del Brasile. Ma - sottolinea con orgoglio la ministra - circa il 60% del nostro territorio è tutelato: molto probabilmente siamo il paese al mondo con più aree protette, almeno in percentuale. Ci sono parchi forestali, riserve di flora e fauna, aree idriche. Di conseguenza, abbiamo una buona fetta del paese che è direttamente sotto la tutela di questo ministero o degli istituti ad esso sottoposti». Chiediamo se sia l’Amazzonia la zona con maggiore biodiversità. «Siamo - spiega - nel gruppo dei 15 paesi con più diversità biologica: questo ci dà una grossa potenzialità per il futuro ed anche una grossa responsabilità». Oltre all’Amazzonia, c’è il delta dell’Orinoco: «È una zona bellissima. Quando l’ho sorvolata sono rimasta impressionata perché è ancora incontaminato, anche lì c’è un livello di bioversità importante, come nelle zone dei Kariñas, dei Pemón e di altre etnie».

POPOLI INDIGENI: LA TERRA E NON SOLO
Nella «Costituzione della Repubblica bolivariana del Venezuela» i popoli indigeni hanno uno spazio tutto per loro: 8 articoli nell’ambito del titolo III, capitolo VIII, esattamente prima degli articoli riguardanti i «diritti ambientali». «C’è - osserva la dottoressa Osorio - una stretta relazione tra ambiente e popoli indigeni. Perché quando si proteggono i diritti degli indigeni si protegge anche il loro modo di vivere, strettamente legato alla terra, che è madre, anzi pachamama». La ministra si alza per indicarci su una cartina del Venezuela dove sono localizzate le etnie. «Ci sono circa 30 diversi gruppi indigeni, ma la popolazione complessiva rimasta è esigua: più o meno 500 mila persone. Oltre alla Costituzione, c’è la legge di demarcazione del territorio e delle comunità indigene, che riconosce la protezione degli indigeni e gli assegna la titolarità collettiva della terra».
Facciamo notare che anche nel confinante Brasile gli indigeni sono nella Costituzione e anche lì si parla da tempo della demarcazione delle loro terre. Ma tra il dire e il fare c’è, come sempre, molta distanza... «Noi stiamo iniziando il processo di demarcazione delle terre in 8 stati e in ogni stato c’è una commissione composta per metà da inviati statali e per metà da indigeni. In Venezuela esistono già delle esperienze di autodemarcazione; adesso le vogliamo legittimare». Domandiamo alla ministra come hanno reagito i latifondisti. «Per ora il problema è stato minimo. In una regione una comunità indigena ha invaso alcuni terreni e i latifondisti della zona hanno cercato la mediazione statale: o il risarcimento o la restituzione delle terre». «Ho insistito con i miei collaboratori affinché intensifichino gli scambi con gli indigeni. Secondo me, sono molto arricchenti, perché essi hanno un rapporto particolare con la natura, nonostante si siano un po’ occidentalizzati». L’articolo 186 della Costituzione bolivariana prevede che nell’assemblea nazionale (potere legislativo) ci siano 3 deputati dei popoli indigeni, tra l’altro eletti non secondo i sistemi nazionali ma rispettando le loro tradizioni e costumi. «Adesso - precisa la ministra - ci sono due uomini e una donna. La donna, che è la seconda vicepresidente dell’assemblea nazionale, è molto rispettata. Ha 60 anni e si chiama Noelí Pocaterra».

PIÙ FORTE DELL’OSTRACISMO E DELL’INTOLLERANZA
Chiediamo se ci sono problemi con i media. «Fortunatamente - risponde la ministra -, noi non siamo un ministero da prima pagina, salvo casi eccezionali come quando ci furono perdite di petrolio. È un vantaggio perché si lavora meglio. Io posso camminare in centro da sola, anche se poi tutti ti fermano, chiedono, domandano, ti raccontano i loro problemi». Dunque, insistiamo, non avete mai avuto problemi seri, come altri ministeri... «Quando c’è stato il colpo di stato l’11 aprile, ci vennero tagliate l’acqua e la luce e poi chiesero al direttore della sicurezza se qui c’erano armi. Egli disse che c’erano delle vecchie pistole chiuse in una cassaforte. La polizia le prese, le mise in bella mostra su un tavolo e davanti alla stampa disse che noi stavamo armando i circoli bolivariani...». Chiediamo alla ministra se si senta ottimista per il futuro del paese. «Sì - risponde con un sorriso -, sono ottimista. Pur nella consapevolezza che è difficile, perché non è facile cambiare un sistema di potere detenuto da gruppi che hanno a lungo governato il paese per i loro interessi e attraverso la corruzione». Si dice - obiettiamo - che voi abbiate il governo ma non il potere. «Io so solo - risponde tranquilla -, che siamo sul cammino giusto». Ma non è facile essere ministri in un governo tanto contrastato come quello di Hugo Chávez. Neppure Ana Elisa Osorio è stata risparmiata dalla campagna di intolleranza. Ricorda l’ostracismo ricevuto da una parte dei suoi amici medici e da alcuni componenti della sua stessa famiglia. «Ma nulla - racconta - a confronto di quanto ha patito Maria Cristina Iglesias, ministra dell’ambiente. In un noto club privato un gruppo di persone cominciò a battere le pentole (cacerolas) impedendole di celebrare la festa di laurea della figlia».
Gli occhi della signora Osorio si fanno lucidi. L’emozione suscitata dal racconto vince le difese erette dal ruolo istituzionale. «Questo lavoro - dice la ministra ricomponendosi - mi piace perché l’oggetto di nostra competenza è molto bello e interessante. Qui ho imparato molte cose. Insomma, per me questo ministero è gratificante». Ministra, lei ha due figli. Che dicono di lei e del suo lavoro? «Sono orgogliosi. Dicono che hanno una mamma molto valida. Indipendentemente da quanto tempo io rimarrò ministra».
Paolo Moiola



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