Blog / In prima pagina (03-07-2008)

BERLUSCONIA 2008 / riassunto per l'estero

Il ritorno del peggiore

BERLUSCONI IV, MUSSOLINI II

Silvio Berlusconi, eletto per la quarta volta primo ministro italiano, è il padrone di un paese ridotto ad azienda privata. Il consiglio dei ministri è diventato un consiglio d’amministrazione, di cui il tycoon italiano è padrone assoluto. Attraverso il controllo totale dei media e una politica fondata sulla demagogia più sfacciata (basta stranieri, basta tasse, più sicurezza per gli italiani) Berlusconi è riuscito a soggiogare il paese, che non ha più forza di reagire. Il futuro per l’Italia appare nero, anche perché il Vaticano si è schierato con Berlusconi e l’opposizione parlamentare è inesistente. Il 72.enne primo ministro italiano anche nelle movenze assomiglia sempre di più a Benito Mussolini. Rispetto al capo del fascismo, Berlusconi ha però un vantaggio in più: possiede le televisioni… 

di Paolo Moiola (*)


È tornato! È tornato! Silvio Berlusconi, «l’unto del Signore», è tornato. Lui, il Cavaliere, l’uomo di Arcore (il luogo dove risiede), padrone di un impero mediatico, governerà l’Italia per i prossimi 5 anni e probabilmente di più. Il 13 e 14 aprile 2008 la maggioranza degli italiani ha votato di nuovo per lui, soggiogata dalle sue bugie e dai suoi media. Così, per la quarta volta, il Cavaliere è diventato primo ministro, confortato anche da una maggioranza parlamentare solida e soprattutto obbediente ai desiderata del Capo. 
In questi primi mesi di governo, la domanda di chi non vuole (per convenienza o pavidità) vedere la realtà è stata: «A 72 anni d’età, Sivio Berlusconi è cambiato?». La risposta è arrivata veloce ed inequivoca: l’uomo non soltanto non è cambiato, ma se possibile è diventato anche peggio. 
Per capire la gravità della situazione è necessario fare un passo indietro nella storia recente dell’Italia. 

§ UNA  STORIA ITALIANA

All’inizio degli anni Novanta in Italia avviene una rivoluzione politica di vasta portata. È l’epoca di Bettino Craxi (nota per gli amici peruviani: è l’uomo che assieme ad Alan Garcia fu protagonista dello scandalo del “tren electrico”). Il primo ministro è amico e sodale di Silvio Berlusconi, imprenditore milanese con molti scheletri nell’armadio (ad esempio, l’adesione alla loggia massonica segreta denominata Propaganda 2). Ma, nel 1992, Craxi viene travolto dall’inchiesta giudiziaria di Mani pulite: Berlusconi si ritrova improvvisamente senza il suo protettore.
Così, nel 1994, per difendere in prima persona i propri interessi, all’epoca minacciati da progetti di legge che mirano a riequilibrare il mercato editoriale italiano e da gravi problemi finanziari (il rischio è quello della bancarotta), Berlusconi annuncia – naturalmente dagli schermi delle televisioni – la sua «discesa in campo». 
Grazie alle televisioni, riusce a vincere subito le elezioni, ma il suo primo governo dura poco, travolto dalle inchieste della magistratura e dal ritiro dell’alleato della Lega Nord (il partito xenofobo nato nelle ricche regioni del Nord) di Umberto Bossi. 
Passano alcuni governi senza che il problema di Berlusconi venga risolto. Così, l’uomo, sempre più ricco e potente, viene rieletto.
Durante il suo secondo (2001-2005) e terzo (2005-2006) governo, Berlusconi fa approvare una serie di leggi per salvaguardare lui e i suoi enormi interessi. Sono chiamate usando una locuzione latina: leggi ad personam, fatte cioè non per il beneficio della collettività ma di una sola persona, il capo del governo. Un esempio è sufficiente per capire la portata eversiva ed amorale della rivoluzione berlusconiana: viene abolito il reato di falso in bilancio, per cui il premier italiano è imputato in 5 processi. La sua legge funzionerà a meraviglia: i processi saranno tutti chiusi con la prescrizione o con la formula «il fatto non è più reato».
Il successivo governo di centrosinistra, guidato da Romano Prodi, nasce troppo debole per riuscire a cancellare le leggi ad personam e a porre fine ad un conflitto di’interessi che non ha eguali al mondo. Il 13 e 14 aprile 2008 gli italiani votano di nuovo per Silvio Berlusconi che, nel suo quarto governo, finirà l’opera e potrà arrivare comodamente al suo ultimo obiettivo, lo scranno di presidente della Repubblica, una prospettiva questa che produce brividi di terrore in coloro che ancora credono nella supremazia del diritto, nella Costituzione e nel bene comune.

§ LA LEGGE NON È UGUALE PER TUTTI 

Il IV governo Berlusconi comincia subito con piglio decisionista, come si conviene ad un organismo che risponde non alla legge ma al Capo-Padrone: Silvio Berlusconi. Mentre l’economia del paese affonda, tra giugno e luglio, il premier pensa alla sua personale guerra contro i magistrati che a suo dire «lo perseguitano». Vengono perciò elaborati provvedimenti di portata enorme, che sanciscono la plurima violazione della Costituzione italiana nonché l’affermazione di un inusitata supremazia del potere esecutivo. Si tratta della cosiddetta norma blocca-processi, il cosiddetto Lodo Alfano-Schifani per le alte cariche e la normativa in materia di intercettazioni telefoniche cui si lega la restrizione della libertà di cronaca per i media. Mentre scrivo ancora si sta discutendo su questi provvedimenti (che violano in più circostanze la Costituzione), ma è comunque utile spiegare meglio i contenuti. 

LA NORMA BLOCCA-PROCESSI – I processi per reati che prevedono pene fino ai 10 anni vengono sospesi. Vi rientrano tutti i processi (si stimano in 100.000) per fatti commessi entro il 30 giugno 2002, compreso – ma guarda la coincidenza! – quello che vede coinvolto Silvio Berlusconi, accusato di aver corrotto (con 600.000 dollari)  l’avvocato inglese David Mills affinché testimoniasse il falso su vicende legate ad ingenti e scottanti movimenti finanziari di Berlusconi.
La Costituzione italiana dice che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. Dice inoltre che l’azione penale è obbligatoria.

LA NORMA SULL’IMMUNITÀ – La norma prevede che non possano essere processati per alcun reato le 4 massime cariche dello Stato: il presidente della Repubblica, i presidenti del Senato e della Camera e - last but not least - il presidente del Consiglio. Qualsiasi reato commettano essi non potranno subire processi penali durante la loro permanenza in carica. Una vera manna per Silvio Berlusconi, oggi presidente del Consiglio, domani forse presidente della Repubblica.

LA NORMA ANTI-INTERCETTAZIONI E ANTI-DIRITTO DI CRONACA - Infine, la terza ed ultima decisione, quella sulle intercettazioni telefoniche. Queste rappresentano uno strumento essenziale nelle indagini delle autorità giudiziarie. Il governo Berlusconi le vuole drasticamente limitare perché – spiega il Padrone - violano la privacy. 
Nessuno nega l’importanza della privacy. Ma vale di più la privacy o la necessità (per le autorità giudiziarie competenti) di sapere quando un individuo viola la legge e agisce contro gli interessi della collettività e dello stato? In ogni caso, un personaggio pubblico (che – ricordiamolo – tanti vantaggi ricava dalla sua carica) è per forza sempre sotto la lente dei media e del pubblico. Spetta a lui comportarsi come il suo ruolo richiederebbe. Negli Stati Uniti, paese di cui Berlusconi si dichiara ammiratore, i presidenti hanno sopportato scandali imbarazzanti (dai microfoni di Richard Nixon al sesso orale di Bill Clinton con Monica Lewinsky), senza per questo chiedere la fine delle intercettazioni e la limitazione della libertà di cronaca!
Dunque, ancora una volta il vero obiettivo è un altro. Quello di eliminare la possibilità di indagare su Silvio Berlusconi, che ha migliaia di telefonate imbarazzanti e compromettenti. Il magnate italiano usa il telefono per dare ordini ai suoi uomini, sparsi in tutti i centri di potere. L’ultimo esempio in ordine di tempo riguarda la RAI, la televisione di Stato, primo concorrente di Mediaset, il gruppo televisivo di Silvio Berlusconi. Si è scoperto (appunto attraverso quelle intercettazioni telefoniche che ora il governo vuole vietare) che Berlusconi telefonava a un altissimo dirigente RAI per sapere e concordare strategie, per promettere, per chiedere o offrire favori. 
A parte la distorsione del mercato (RAI e Mediaset sono concorrenti sul mercato televisivo), a parte la corruzione, nelle loro telefonate i due uomini, con un linguaggio volgarmente machista, parlavano di attrici e attricette da sistemare in qualche trasmissione televisiva e in qualche soap-opera. 
Non basta: se verranno approvate, le norme sulle intercettazioni inficieranno pesantemente la libertà di espressione e di stampa. Esse infatti vietano la pubblicazione di notizie su inchieste giudiziarie, arresti, interrogatori e quant’altro. Altro che rispetto della privacy, qui si limita fortemente il diritto di cronaca dei giornalisti ed il diritto da parte del cittadino italiano di essere informato.

Per riassumere, con questi provvedimenti normativi, il governo Berlusconi sancisce un principio incredibile per uno stato di diritto: in Italia, la legge NON è uguale per tutti. 
Il grande linguista e scrittore italiano Umberto Eco (autore, tra l’altro, del famosissimo Il nome della rosa) ha detto (2 luglio): «Quando la maggioranza sostiene di aver sempre ragione e la minoranza non osa reagire, allora è in pericolo la democrazia».

§ GLI ITALIANI E L’IMMIGRAZIONE 

LA PAURA - L’Italia è un paese pericoloso? No, non più di altri. È un paese dove c’è meno delinquenza che in moltissimi altri paesi occidentali. Eppure, secondo il governo (e probabilmente per la maggioranza degli italiani, totalmente acritica rispetto ai fatti di cronaca) la sicurezza è un problema grave, la cui soluzione passa in primis attraverso controlli e restrizioni dell’immigrazione. Insomma, si preannuncia vita dura per gli immigrati in Italia.

GLI IMMIGRATI – Prima di qualsiasi considerazione, è importante dare la dimensione del fenomeno migratorio. Secondo le ultime stime, gli immigrati sono 3,5 milioni (il 5,8 per cento dei residenti) più 650.000 immigrati irregolari. La più grande comunità straniera è quella romena. Tra gli immigrati latinoamericani – circa 500.000 persone - prevalgono i brasiliani, seguiti da argentini, peruviani e dai colombiani. I peruviani sono 80.000-90.000 di cui il 64 per cento mujeres.
Proprio, nei giorni della stretta del governo verso l’immigrazione, ho incontrato una giovane amica peruviana. È recentemente arrivata da Lima perché la sorella, infermiera professionale da anni in Italia, si è sposata con un italiano e ha avuto un figlio. La ragazza mi raccontava di aver conosciuto molte donne peruviane (quasi tutte giovani) che sono nel paese senza un regolare permesso ma che lavorano (come badanti, donne delle pulizie, inservienti, baby sitter, colf). Ora queste persone vivono nella paura a causa delle nuove severissime norme del governo Berlusconi. Per dire, la polizia ha iniziato ad effettuare retate e controlli anche sugli autobus. 
Le nuove norme riguardano la concessione della cittadinanza italiana in seguito a matrimonio, l’iscrizione anagrafica nei Comuni, i controlli sui trasferimenti di denaro (money trasfert), il trattenimento nei Centri di permanenza temporanea (Cpt) che passa da 60 giorni a 18 mesi. L’articolo più dibattuto è però quello che introduce il «reato di ingresso clandestino»: chi entra in Italia illegalmente commette reato, deve quindi essere arrestato e processato. 

Il governo agisce in un clima in cui la maggioranza degli italiani sono favorevoli a restringere gli spazi per l’immigrazione, nonostante in molti settori della vita quotidiana il loro lavoro sia indispensabile (senza le badanti peruviane e dell’Europa dell’Est migliaia di anziani e di malati rimarrebbero senza assistenza). Per parte loro, i media italiani fomentano il clima di caccia al colpevole, purché sia un immigrato. Quando un fatto di cronaca nera (un furto, un investimento con l’auto, una violenza sessuale) vede come protagonista un immigrato, sparano titoli da brividi. Se poi lo stesso fatto vede come protagonista un italiano, la notizia perde improvvisamente di interesse. Questo è il giornalismo italiano. 
Quasi non bastasse il clima di caccia allo straniero instaurato in Italia, il 5 giugno (i ministri) e il 18 (i parlamentari) l’Unione europea (che, come noto, include 27 paesi) ha approvato linee guida particolarmente dure e restrittive in tema di immigrazione: fino a 18 mesi di reclusione nei centri di permanenza temporanea, divieto di rientro per 5 anni, detenzione ed espulsione anche dei minori. 

CACCIA AL ROM – Pare impossibile crederlo, ma c’è anche chi sta peggio degli immigrati. L’ultima proposta del governo Berlusconi è la schedatura tramite le impronte digitali dei 152.000 rom residenti in Italia, compresi i bambini, subito bocciata dalla Commissione europea. Vale la pena di ricordare che i rom furono già schedati in passato, ma erano i tempi della Germania nazista. L’attuale clima italiano è però favorevole a tutte le misure razziste e xenofobe e la proposta della schedatura etnica trova consensi tra la gente. Cosa sarebbe successo se la schedatura fosse stata proposta per gli ebrei invece che per i rom? Sarebbe successo il finimondo, perché gli ebrei sono un gruppo riconosciuto, importante ed influente mentre i rom valgono meno di zero.

UN SILENZIO ASSORDANTE – Davanti a questa deriva razzista e xenofoba sono troppo poche le voci di protesta. Una appartiene a padre Alex Zanotelli, missionario molto conosciuto ma poco amato dalla gerarchia. «Mi vergogno – ha scritto il sacerdote cattolico – di appartenere a una società sempre più razzista verso l’altro, il diverso, la gente di colore e, soprattutto, il musulmano, che è diventato oggi il nemico per eccellenza. Mi vergogno di appartenere ad un paese il cui governo ha varato un pacchetto-sicurezza dove clandestino è uguale a criminale. (…) Mi vergogno di appartenere a un paese che ha assoluto bisogno degli immigrati per funzionare, ma che poi li rifiuta, li emargina, li umilia. (…) ».
Voce solitaria, padre Zanotelli. Davanti ad un paese paralizzato da una paura nutrita dal governo e dai media, occorre fare riferimento alla stampa straniera. Per esempio, il quotidiano britannico The Independent, scrivendo delle norme contro gli stranieri (27 giugno), parlava di «uncivilised behaviour», di comportamente incivile dell’Italia. 

§ IL VATICANO, IL PAPA E BERLUSCONI

L’Italia è un paese unico al mondo anche perché c’è il Vaticano, la cui influenza non ha mai cessato di esistere, anzi si è rafforzata in questi anni di conflitti cosiddetti religiosi (o presunti tali), scontri  di civiltà e di lotta al terrorismo islamico (o presunto tale).

DO UT DES - La gerarchia della chiesa cattolica non ha mai amato Romano Prodi, il precedente presidente del consiglio, cattolico devoto (e non divorziato com’è invece Silvio Berlusconi) ma troppo indipendente per piacere al Vaticano. 
Con l’arrivo di Silvio Berlusconi la chiesa cambia subito i toni, che improvvisamente diventano concilianti, quasi evangelici. La sequenza degli eventi è rapida e significativa.
Il 29 maggio papa Ratzinger parla (molto avventatamente) di un nuovo clima politico in Italia: «Avvertiamo con particolare gioia i segnali di un clima nuovo, più fiducioso e costruttivo». Poi, il 6 giugno, riceve in pompa magna Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio si china per baciare l’anello papale e poi promette ciò che il Vaticano si aspetta. In latino, si chiama «do ut des».

I MEDIA DEL VATICANO – Il Vaticano chiede ovviamente ai propri media di schierarsi o comunque di non importunare troppo il manovratore. L’Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana (Cei), da una parte minimizza i controversi provvedimenti del governo Berlusconi, dall’altra spinge per l’adozione dell’agenda politica vaticana (finanziamenti alle scuole cattoliche, campagna contro leggi dello stato italiano non gradite, eccetera).
Più sfumata la posizione di Famiglia Cristiana, uno dei settimanali più venduti, un tempo palestra di cattolicesimo sociale. La rivista quasi in ogni numero critica filosofia ed azioni del Partito democratico (Pd), primo partito dell’opposizione. Dall’altra parte, però, lo stesso settimanale ha preso posizione contro Berlusconi per la sua ossessione verso i giudici (giugno) e contro la schedatura dei rom (luglio), parlando apertamente di misura fascista (1).
Alla fine, insomma, anche la chiesa cattolica (la sua parte più progressista, da tempo minoritaria) si è vista costretta ad intervenire, criticando - meglio tardi che mai – alcune delle misure del governo berlusconiano. Ma in generale il comportamento delle gerarchie vaticane rimane inammissibile, anche se alla maggior parte dei cattolici italiani va bene così, perché la chiesa ha sempre ragione. E chi non è d’accordo o è un pericoloso laicista o peggio un senza-dio. 

§ L’ECONOMIA MALATA DI UN PAESE MALATO

L’economia mondiale vive attualmente una pesante crisi, dovuta a vari fattori strutturali. Oltre a questo contesto internazionale sfavorevole, l’Italia presenta però anche dei vizi congeniti, che influiscono pesantemente sulla situazione economica del paese. I vizi sono essenzialmente tre: l’esistenza di un’evasione fiscale enorme (esempio: i lavoratori dipendenti debbono dichiarare tutti i redditi al fisco, mentre i lavoratori autonomi, i commercianti, le imprese, i professionisti dichiarano in media redditi da fame, perché hanno 1000 modi per evadere e rimanere impuniti); l’esistenza di una gigantesca economia sommersa che sfugge allo stato (e che spesso utilizza manodopera straniera illegale); il domino economico delle mafie in molte zone del paese (l’endrangheta calabrese, la camorra napoletana, la mafia siciliana), mafie che sono da sempre geneticamente vicine alla destra. 
Come ministro dell’economia c’è Giulio Tremonti, il commercialista di Silvio Berlusconi, famoso per il suo sarcasmo e la sua fantasia utilizzata per falsare i dati e per dare la colpa dei malanni economici italiani agli altri (i governi di sinistra, l’Europa, la Cina, gli immigrati, eccetera). La filosofia operativa di Tremonti è così riassumibile: basta con lo stato sociale modello europeo; occorre uno stato leggero, che agevoli le imprese e aiuti soltanto le famiglie con i redditi più bassi. Si tratta del cosiddetto capitalismo compassionevole, che si inserisce su un sistema economico dominato dal libero mercato in cui lo stato e le sue istituzioni vengono sempre dopo l’individuo. Lo stato deve cioè intervenire soltanto in via sussidiaria (principio della sussidiarietà, molto caro a Comunione e liberazione, potente organizzazione cattolica vicina a Berlusconi e alla destra). 
Per lasciare libero lo spirito imprenditoriale, il ministro Tramonti ha subito allentato la lotta all’evasione fiscale iniziata dal governo di Romano Prodi e che stava dando buoni frutti (soprattutto per le esangui casse statali). In questo modo, si è assicurato il consenso delle molte categorie professionali che hanno fatto garn parte delle loro fortune alle spalle dello stato e della collettività. 

§ LA VOCE DEL PADRONE E LA RESA DEI GIORNALISTI

Il giornalismo italiano è completamente cambiato – e non in meglio - da quando Silvio Berlusconi è entrato in politica. La casistica è amplissima, ma basta qualche esempio per capire cosa si vuole dire. Bruno Vespa è uno dei più conosciuti giornalisti italiani, noto non tanto per la sua bravura quanto piuttosto perché la sua trasmissione – “Porta a porta” -  è un appuntamento fisso su Rai 1, il più importante canale televisivo italiano. Ebbene, Bruno Vespa è da sempre un supporter del presidente Silvio Berlusconi. Come mai questa sua passione per il tycoon italiano? Certamente per un’innata subalternità al fascino del potere. Ma anche altre ragioni trovano spazio.
Forse perché il giornalista Vespa scrive regolarmente su Panorama, un settimanale di proprietà di Silvio Berlusconi. O forse perché il giornalista Vespa pubblica i suoi libri (almeno uno all’anno) con la Mondadori, la principale casa editrice italiana, proprietà di Silvio Berlusconi. C’è poi Emilio Fede, direttore di una televisione privata, proprietà di Silvio Berlusconi (ovviamente), che è da anni illegale perché occupa frequenze pubbliche usurpate ad un’altra televisione privata (non berlusconiana), come ben sa anche la Comunità europea che ha multato l’Italia (si tratta di 350.000 euro al giorno dal 1 gennaio 2006, pagati dai contribuenti italiani!). 
C’è il Corriere della Sera, primo quotidiano italiano, i cui principali editorialisti – Angelo Panebianco, Ernesto Galli della Loggia, Pierluigi Battista, Piero Ostellino, Massimo Franco - sono tutti berlusconiani, più o meno palesi. La tesi di costoro è molto semplice: il problema dell’Italia non è Berlusconi e il suo governo, ma l’anti-berlusconismo! 
Un esempio tra i tanti. Il 28 giugno Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, unico (vero) partito d’opposizione, dopo aver sentito le telefonate tra Berlusconi e un alto dirigente Rai (ne abbiamo parlato sopra), apostrofa con il termine di «magnaccia» il premier. Ebbene, il Corriere dedica all’argomento pagine e pagine per spiegare che non ci si comporta così. In altre parole,  i processi vengono sospesi, i politici messi al di sopra della legge, i rom schedati, ma il primo quotidiano italiano si mette a fare la morale su una parola. Incredibile!
Dalla parte della (timidissima) opposizione, c’è soltanto la Repubblica, secondo quotidiano italiano, e altri media piccoli, che riescono a malapena a sopravvivere. La situazione è tale che i pochi giornalisti anti-berlusconiani sono diventati icone per coloro che non si vogliono arrendere al berlusconismo dilagante. Un nome su tutti: Marco Travaglio. Non – si badi bene -  un giornalista di sinistra, ma un giornalista che lotta per la legalità, il rispetto delle leggi, la giustizia uguale per tutti. Tutto il contrario del mondo impersonato da Silvio Berlusconi. 
A parte ciò, gli italiani leggono poco e sono influenzati soprattutto dalla televisione, che come abbiamo visto è – direttamente o indirettamente - in mano a Silvio Berlusconi, uno che di televisioni e di pubblicità se ne intende. 

§ «LA LEGGE SONO IO, IL POPOLO SONO IO!»

In questo rapido excursus sulla deriva italiana, non abbiamo avuto modo di parlare dei rapporti tra l’Italia e il resto del mondo. Di sicuro, c’è il fatto che la stragrande maggioranza dei paesi guardano a Roma con stupore e preoccupazione. Esclusi gli Stati Uniti, almeno fino a novembre 2008.
Silvio Berlusconi si è sempre vantato della sua amicizia e sintonia con George W. Bush, presidente uscente degli Usa. Adesso ha dichiarato di tifare per il candidato repubblicano John McCain. Perché mai? «Perché così al G8 non sarò il più vecchio», ha detto il premier italiano, famoso per le sue battute che mettono in imbarazzo tutti (eccetto i suoi lacché). Barack Obama, candidato democratico, non deve averla presa come una battuta, tanto che, nel suo viaggio europeo di luglio, non ha previsto di fermarsi a Roma. 
Non è molto professionale chiudere queste riflessioni con la confessione dei propri sentimenti, irrazionali come soltanto i sentimenti sanno essere. Ma credo che, in questa circostanza, io possa essere perdonato. 
Noi antiberlusconiani non capiamo o forse non vogliamo capire. Non capiamo perché alla maggioranza degli italiani possa piacere che al potere ci sia un uomo abituato a vivere ed agire al di fuori della legge. Forse perché ognuno vorrebbe essere proprio come lui: ricco, furbo, playboy, telegenico, insofferente ad ogni regola? Forse perché è bello poter individuare chiaramente i colpevoli di tutto? Sì, sono proprio loro i responsabili di questo clima di paura e della crisi economica: sono gli immigrati, sono i rom, sono gli omossessuali, sono le prostitute, sono i comunisti.
Ma quello che più ci fa male è la tristezza e lo sconforto che nascono quando ti accorgi che la tua indignazione è inutile. Il Financial Times, quotidiano certamente non sospettabile di idee sinistrorse, il 26 giugno così titolava un suo editoriale sull’Italia: «Oh no, not again».


Paolo Moiola
(Torino, 3 luglio 2008)



(*) Testo chiuso il 3 luglio, ma sempre attualissimo, come dimostrano le tesi pro-fascismo di Alemanno e La Russa (7-8 settembre 2008). 

(1)  Dopo questa affermazione, il Vaticano ha subito preso le distanze dal settimanale. «Al posto di don Sciortino (direttore di Famiglia Cristiana, ndr) – ha scritto lucidamente Curzio Maltese (il Venerdì, 29 agosto 2008, ndr) – non sarei tranquillo. I vescovi non sono bravi ad esercitare la virtù del perdono. Preferiscono porgere il conto».


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