America Latina (giugno 2004)
Haiti, dopo Aristide (1)

L'ISOLA SENZA QUALITÀ (E SENZA ARISTIDE)

"Sono un servitore dello stato. Anzi, oggi come ieri, continuo ad essere un servitore del mio popolo". Così, nell'ormai lontano 1997, l'ex presidente Jean-Bertrand Aristide rispondeva a una domanda sul suo ruolo (1), mentre un uomo di sua fiducia, René Préval, siedeva (o gli scaldava la poltrona, secondo le interpretazioni più malevole) nel palazzo presidenziale di Port-au-Prince.
Ai primi di gennaio 2004, alle manifestazioni per il bicentenario dell'indipendenza haitiana si sono presentati soltanto due capi di stato, il presidente sudafricano Thabo Mbeki e Perry Christie, primo ministro delle Bahamas. Gli altri paesi invitati hanno preferito inviare delegazioni di più basso profilo, un'evidente presa di distanza dalla seconda presidenza Aristide, iniziata malamente nel novembre 2000.
Durante le celebrazioni a Port-au-Prince e Gonaïves, l'ex prete salesiano aveva detto: "Haiti è la madre della libertà. La prima repubblica nera è e sempre sarà il punto di riferimento per la libertà della gente di colore" (2). Sono più o meno le stesse parole che egli pronunciò a New York nel suo discorso davanti alle Nazioni Unite il 25 settembre 1991.
All'epoca, Aristide era affettuosamente soprannominato "Titid" e aveva il consenso del 70 per cento degli haitiani. Altri tempi. La sua figura carismatica cominciò a deteriorarsi subito dopo il rientro dall'esilio statunitense e l'anno di presidenza (dall'ottobre 1994 al dicembre 1995). La sua insistenza a ricandidarsi; la scelta di fondare una propria organizzazione politica, Fanmi Lavalas, in contrapposizione a Lavalas (torrente, in lingua creola), il partito che lui stesso aveva fondato; le sue connessioni con bande armate (chiamate chimères, una nuova versione dei famigerati tontons macoutes della dittatura dei Duvalier); la sconfinata ambizione accompagnata dall'incapacità di dialogare con l'opposizione, tutto ciò ha portato Aristide e il paese caraibico a un declino inarrestabile. Abbandonato da governi ed agenzie internazionali (la maggioranza dei crediti e aiuti esteri furono congelati dopo le controverse elezioni del 2000), invitato ad andarsene anche dai vescovi cattolici, contestato da settori sempre più vasti della società civile, Aristide non ha trovato di meglio che arroccarsi sulle proprie posizioni.
"Ci sono tre tipi di haitiani - scriveva nel 1992 (3) - : una minoranza che mangia ogni volta che ha fame; un più gran numero che fa un pasto al giorno e tanti haitiani cha mangiano una volta... ogni tanto. Per quanto pazienti siano, questi non si nutriranno soltanto di libertà. La libertà perde il suo significato quando i benestanti vivono vicino agli affamati". E, nell'intervista già citata, spiegava: "L'economia neoliberista è un'economia che non tiene conto dell'uomo. Noi abbiamo bisogno di un'economia che metta l'uomo al centro dei programmi, che permetta la sua partecipazione. Una volta che si sia accettato il principio di partecipazione, che si sia creato lo spazio perché i soggetti si esprimano, allora si potrà avere un sistema a misura d'uomo. Bisogna che il mercato sia libero, ma bisogna che sia anche giusto". Belle parole. Peccato che, alla prova dei fatti, anche Aristide abbia fallito.
Primo paese a compiere una rivoluzione di schiavi (1791), primo paese indipendente dell'America Latina (1804), Haiti è sempre rimasta agli ultimi posti come strutture democratiche e nelle statistiche economiche e sociali. Che sono drammatiche. A soli 90 minuti di volo dal paese più ricco del mondo, 3,8 milioni di haitiani - quasi la metà della popolazione - soffrono quotidianamente la fame. Haiti occupa il 150.mo posto, su 175 nazioni considerate, nella classifica dell'indice di sviluppo umano. In America Latina, l'ex "perla delle Antille" (così la chiamavano i francesi) ha il record della speranza di vita più bassa (49 anni), il tasso di analfabetismo più alto, il maggiore tasso di sieropositivi. In altre parole, la situazione reale degli haitiani non è mai cambiata veramente negli ultimi 200 anni: suppostamente liberi, hanno continuato ad essere sfruttati e a vivere in condizioni disumane.
All'inizio di febbraio 2004 milizie guidate da Guy Philippe, un ex ufficiale dell'esercito dal curriculum sinistro, hanno messo a ferro e fuoco il paese fino a raggiungere le porte della capitale Port-au-Prince. Scaricato anche dalla Francia, il 29 febbraio Aristide è stato fatto salire su un aereo e portato a Bangui, capitale della Repubblica Centroafricana, unico paese ad offrire asilo.
Dal quel giorno Aristide vive in esilio. Dice che non si è mai dimesso dalla sua legittima carica e che, al contrario, è stato sequestrato e deportato con la forza dai marines mandati da Washington. Il che potrebbe anche essere vero. Tuttavia, comunque sia andata, la parabola dell'ex sacerdote è giunta probabilmente al termine. Mentre Haiti - nonostante la nuova missione dell'Onu e la promessa di elezioni generali nel 2005 - è già tornata nel dimenticatoio.
L'ex perla delle Antille è il paese più povero e disastrato dell'America Latina. E tale sembra destinato a rimanere.
Paolo Moiola

NOTE:
(1) Port-au-Prince, giugno 1997: Marco Bello e Paolo Moiola, Titid, profeta o astuto burattinaio?, Incontro con Jean-Bertrand Aristide, pubblicato sul mensile Mondo e Missione, aprile 1998.
(2) Si legga Jane Regan sul quindicinale Noticias Aliadas/Latinamerica Press del 16 dicembre 2002, 3 dicembre 2003 e 14 gennaio 2004.
(3) Dal libro autobiografico Ogni uomo è un uomo, pubblicato in Italia nel 1993 dalla Cittadella Editrice.

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HAITI: CRONOLOGIA ESSENZIALE (fino al maggio 2004)

1492 - Cristoforo Colombo, dopo le Bahamas e Cuba, approda sull'isola chiamata "Ayiti" (terra montagnosa) dai suoi abitanti. L'isola viene ribattezzata Hispaniola. Ben presto inizia il massacro delle popolazioni indigene e una massiccia importazione di schiavi dall'Africa.
1697 - La metà occidentale dell'isola (l'attuale Haiti) è ceduta ai francesi.
1791-1802 - Ad Haiti avviene una famosa rivolta di schiavi, guidati da Toussaint-Louverture. Nel 1802, tradito, Louverture viene mandato in Francia, dove muore l'anno seguente.
1804 - Sotto la guida dell'ex schiavo guineiano Jean-Jacques Dessalines, Haiti dichiara l'indipendenza dalla Francia. È il primo paese dell'America centromeridionale, a raggiungere l'indipendenza.
1915-1934 - Il paese viene occupato dagli Stati Uniti.
1957-1986 - Tre decenni di dittatura della famiglia Duvalier: prima Francois (detto "Papa Doc", dal 1957 al 1971), poi il figlio Jean-Claude ("Baby Doc", dal 1971 al 1986).
1983 - Giovanni Paolo II visita Haiti, criticando il regime di Duvalier.
7 febbraio 1986 - Finisce la dittatura Douvalier; Jean-Claude inizia il dorato esilio in terra di Francia. Si insedia il generale Namphy.
16 dicembre 1990 - Il prete salesiano Jean-Bertrand Aristide, detto "Titid", trionfa alle elezioni presidenziali.
30 settembre 1991 - Sanguinoso colpo di stato del generale Raoul Cédras, comandante in capo delle forze armate di Haiti e uomo della Cia. È l'inizio di una delle più feroci repressioni nella storia del paese: 4 mila persone perdono la vita, 350 mila sono costrette alla fuga.
19 settembre 1994 - A Port-au-Prince sbarcano 20 mila soldati americani, senza incontrare alcuna resistenza.
15 ottobre 1994 - Elicotteri statunitensi riportano in patria il presidente Aristide, che riassume il potere.
31 marzo 1995 - Il contingente americano viene sostituito dai caschi blu dell'Onu.
17 dicembre 1995 - Alle elezioni presidenziali stravince René Préval, candidato del partito di Aristide (che, in base alla costituzione, non ha potuto ricandidarsi). L'astensione è però altissima: non va a votare il 72% degli haitiani.
30 novembre 1997- Termina ufficialmente la missione dei Caschi blu (MITNUH) e della polizia internazionale (MICIVIH). Ma da più parti si spinge per un ulteriore prolungamento del mandato.
1 gennaio 2004 - Le celebrazioni per il bicentenario dell'indipendenza si svolgono in un clima molto teso.
maggio 2000 - Il partito di Aristide, Fanmi Lavalas, si aggiudica le elezioni parlamentari. L'opposizione parla di elezioni completamente irregolari.
novembre 2000 - Aristide torna a ricoprire la carica di presidente in votazioni boicottate dall'opposizione, secondo la quale avrebbe votato soltanto il 5% degli aventi diritto.
Dicembre 2001 - Uomini armati attaccano il palazzo presidenziale. Alcuni gruppi legati al governo rispondono con rappresaglie.
22 settembre 2003 - Viene trovato morto Amiot Métayer, capo del famigerato gruppo denominato "Esercito Cannibale", ex alleato del governo.

ANNO 2004:
1 gennaio - Le celebrazioni per il bicentenario dell'indipendenza si svolgono in un clima molto teso.
29 febbraio - Un aereo militare statunitense preleva Jean-Bertrand Aristide. Si chiude così la sua presidenza.
27 marzo - La Comunità dei Caraibi (Caricom) non riconosce il governo provvisorio guidato dal primo ministro Gerard Latortue.
30 aprile - Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approva una risoluzione che autorizza l'invio di 8.000 tra soldati e agenti di polizia. È previsto che la missione di pace parta il primo di giugno e sia guidata dal Brasile.
8 maggio - Il nunzio apostolico mons. Luigi Bonazzi, in procinto di essere trasferito da Haiti a Cuba, chiede di considerare la possibilità di un annullamento del debito estero del disastrato paese caraibico. Il debito ammonterebbe a 1,3 miliardi di dollari.
10 maggio - L'ex presidente Aristide, dal 15 marzo riparato in Giamaica, chiede di essere accolto in Sudafrica.


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